sabato 22 dicembre 2012

CHE LA FESTA COMINCI - Niccolò Ammaniti

Tra ottobre e dicembre, come tutti gli anni, le biblioteche del Sistema Bibliotecario della Provincia di Bergamo, hanno organizzato e promosso il Festival dei Narratori Italiani Presente Prossimo. Ospiti quest'anno Andrea Bajani, Massimo Carlotto, Barbara Garlaschelli, Piersandro Pallavicini, Patrizia Cavalli e Niccolò Ammaniti. Bene, avendo allestito nella mia piccola biblioteca un angolo dedicato ai romanzi di questi autori, pure io mi sono lasciata coinvolgere e mi sono buttata nella lettura. 
Ho iniziato da "Che la festa cominci" di Ammaniti, catturata dallo sguardo dell'ippopotamo bluastro in copertina..prossima lettura della serie "Alla fine di un giorno noioso" di Carlotto.

Comunque..che la festa (e la recensione!)cominci!
Il libro parte bene, in maniera leggera e in un certo senso anche divertente.
Da un lato ci racconta la storia di Mantos, capo di una setta satanica romana piuttosto "sfigata", composta da solo 4 componenti (dai nomi fantastici: Murder, Zombie e Silvietta), che ancora non hanno compiuto nè sacrifici  nè orge, e che cercano di organizzare qualcosa di così sconvolgente che li faccia balzare in testa alla classifica delle sette sataniche italiane. Ma i loro racconti e le scene che li riguardano sono veramente comici e surreali, come quando Mantos compra su e-bay una durlindana, fedele riproduzione della spada di Orlando, e sua moglie la intercetta. Così lui per non farsi scoprire è costretto a raccontarle che si tratta di un regalo per il suocero che starebbe benissimo sopra al caminetto della baita di famiglia!! Insomma, una setta sfigatella.

Dall'altro lato c'è Fabrizio Ciba, uno scrittore che ha pubblicato un romanzo di grande successo, una sorta di best seller, ma che ora è in crisi e non riesce più a scrivere da anni. Ma tra ospitate in televisione, articoli sulle riviste di gossip, è sempre al centro della vita mondana romana. 

Bene, due storie che non potrebbero essere più distanti l'una dall'altra...eppure Ammaniti le riesce a far incrociare. Il tutto grazie ad una festa, la festa più spettacolare e colossale di tutti i tempi, organizzata a Villa Ada da Sasà Chiatti, un imprenditore mafioso arricchito. Ciba ci va perchè non può assolutamente mancare a un evento mondano del genere, pronto a farsi paparazzare in compagnia della belloccia di turno. Mantos e i suoi adepti si infiltrano come camerieri ma hanno un piano segreto: uccidere la cantante Larita e sacrificarla a Satana, ottenendo così finalmente il loro riscatto come setta.

La festa organizzata  da Chiatti mi ha ricordato molto il celebre banchetto di Trimalcione narrato da Petronio nel suo Satyricon, stessa smania di stupire, stesse esagerazioni culinarie e non. Basti pensare che Chiatti per i suoi ospiti organizza ben 3 diverse caccie (alla volpe, alla tigre e al leone), una specie di safari con rispettivo accampamento e servizio catering.
E fin qui tutto bene il libro, c'è anche una critica alla società opulenta e dozzinale in cui viviamo.

Ma tutto d'un tratto il ritmo cambia e succede un patatrac. Il romanzo diventa un racconto trash, con spargimenti di sangue e corpi fatti a pezzi. Eh si, perchè la festa si trasforma in un delirio, gli animali imbizzarriti divorano gli invitati, quelli che riescono a fuggire vivono esperienze traumatiche, e per non farci mancare nulla, dai sotterranei della villa emergono strani personaggi, atleti dell'unione sovietica che avevano partecipato alle Olimpiadi di Roma del 1960 e per sfuggire all'oppressione del regime comunista si erano rifugiati in quelle catacombe e non erano mai più usciti alla luce del giorno..Cioè, robe fantascientifiche e di un trash indescrivibile. 

Peccato, perchè l'inizio era buono, ma l'intreccio doveva risolversi in qualcosa di più sensato, non in un finale splatter che non dice e non insegna nulla, ma che lascia con l'amaro in bocca..e anche con un po' di voltastomaco!!



martedì 11 dicembre 2012

I PESCI NON CHIUDONO GLI OCCHI - Erri de Luca

Questo libro è finito sul mio comodino perchè mi aveva incuriosito il titolo..
I pesci non chiudono gli occhi..e che vuol dire?? Pensavo si trattasse di una noiosa storia di pescatori, e in effetti nelle prime pagine mi era quasi sembrato che fosse così. 
Non pensavo che dietro a questa semplice affermazione ci fosse tutto un mondo.

"Ma tu non chiudi gli occhi quando baci? I pesci non chiudono gli occhi"

Il racconto dell'estate dell'autore quand'era bambino, 10 anni, in vacanza sull'isola di Ischia con la madre. La spiaggia, il bagno al mare, i pescatori, le letture sotto l'ombrellone..tutto è descritto talmente bene che mi sembrava di essere anch'io in riva al mare, al caldo, con la sabbia tra i capelli e il vento che soffia leggero, invece di essere sul divano, con la coperta, l'albero acceso e la neve che scende fuori dalla finestra.

Potrebbe sembrare una storia un banale, il racconto di un estate al mare. 
Invece no, è una storia molto densa e profonda, è la storia di una crescita. 
"A 10 anni l'età si scrive per la prima volta con due cifre. E' un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti".
Questo "io" che si ritrova chiuso in un corpo da bambino e vorrebbe uscire da questo bozzolo, che si trova ad affrontare argomenti da "grandi" come la giustizia, le scelte da "uomo" di famiglia, e l'amore.
E' l'estate del suo primo amore, o forse no, perchè a 10 anni non si sa nemmeno cosa sia l'amore.

"Conoscevo gli adulti, tranne un verbo che loro esageravano a ingrandire: amare. Mi infastidiva l'uso. [...] Al culmine del verbo gli adulti si sposavano, oppure si ammazzavano. Era responsabilità del verbo amare il matrimonio dei miei genitori. Insieme a mia sorella eravamo un effetto, una delle bizzarre conseguenze della coniugazione. A causa di quel verbo litigavano, stavano zitti a tavola, i bocconi facevano rumore. [...] Intorno a me non lo vedevo e non lo conoscevo il verbo amare"

E poi in spiaggia c'è questa ragazzina, come lui un po' solitaria, entrambi ai giochi stupidi dei coetanei preferiscono immergersi nella lettura. E scatta un'affinità che farà guadagnare al nostro gli scherzi e l'odio degli altri ragazzini della spiaggia. Un'affinità, non l'amore, lui dell'amore non sa nulla, al verbo amare preferisce il verbo mantenere.

"E si calò sott'acqua. Mi immersi anch'io per tirarla su e lei mi prese la mano. Uscimmo a respirare, lei teneva ancora la mia mano. Mantenere, il mio verbo preferito, era successo. Come fa a saperlo? Pensai e mi risposi: lo sa e basta. Non avevo toccato niente di così liscio fino allora. Ora so neanche fino a oggi. Glielo dissi, che il suo palmo di mano era meglio del cavo di conchiglia, mentre risalivamo a riva, staccati. "Lo sai che hai detto una frase d'amore?" disse avviandosi verso l'ombrellone. Una frase d'amore? Neanche so cos'è, che le è venuto in mente? Ne sa più di me per via degli animali, ma si è sbagliata. Ho detto una frase di stupore"

Quanta poesia in quest'immagine, con quale profondità descrive un semplice gesto, il tenersi per mano qualche istante..è per questi attimi sospesi che mi ha incantato questo libro. Per la sua semplicità.

"Chiudi quei benedetti occhi di pesce"
"Ma non posso. Se tu vedessi quello che vedo io, non li potresti chiudere"
"Da dove ti spuntano questi complimenti, piccolo giovanotto?"
"Che complimenti? Dico quello che vedo"



venerdì 30 novembre 2012

CONTROSTORIA DELL'ARTE - Pablo Echaurren

"Afferrare il senso di un'opera d'arte non è roba da Superman con la super-vista a raggi X. Basta togliersi i paraocchi di una critica scontata, superficiale, banale. E pensare con la propria testa. Qui si capovolge la prospettiva, affrontando temi e stili da un'angolazione  irriverente, ma non per questo campata in aria. Dalle caverne di Lascaux al Rinascimento, dall'Impressionismo alla Street Art, di norma lo spettatore si sente costretto a seguire gli studiosi che stabiliscono le regole del gioco. Questo manualetto è un primo passo per riappropriarsi dell'arte senza farsi schiacciare dal peso della cultura asfissiante calata dall'alto"
 
WOW!! Con un'introduzione così, come potevo resistere a questo libretto, molto carino anche nella grafica, nel formato e nell'aspetto? Ok, ormai è appurato che mi lascio trarre un po' troppo in inganno dalle copertine.

Diciamo che questo libro mi è piaciuto ma anche no. E' secondo me molto interessante, e l'artista-autore dà veramente alcuni punti di vista alternativi sulla storia dell'arte che possono essere compresi anche dai profani e dai più scettici dell'arte (contemporanea soprattutto). Spiega in maniera semplice e accattivante certi meccanismi che stanno dietro all'arte. 
 
Ad esempio il capitolo sulla Pop Art inizia così: "Secondo me i pop non l'amavano affatto la cultura pop-olare. Anzi. La effigiavano, è vero, se ne servivano, ne facevano il centro del loro sistema narrativo ma come a dire: "Guardate un po' di che merda ci circondiamo". Insomma, sfottevano. Sputtanavano il sistema. Attaccavano il meccanismo di produzione dei miti fondati sull'industria del consenso".

Bè, mi sembra un bell'inquadramento della situazione e del contesto pop, e  mi fa proprio affiorare alla mente l'immagine di Andy Warhol sfruttatore snob del sistema.
 
O ancora quando spiega ai non eletti il concetto di installazione. "Uno ha a disposizione un salone di museo e che fa?Ti ci piazza un bar in piena regola (...) in modo che gli avventori creino l'evento (...) o meglio ancora ci sistema una dozzina di donne nude a fare le belle statuine, tutte uguali tutte carine. La donna nuda fa sempre la sua porca figura. E attira il pubblico come le mosche. (...) Insomma ogni cosa è adatta a diventare installazione (...) L'importante è il contesto, la collocazione, la benedizione del sito che la contiene. Più il sito è importante più funziona. Non è l'opera che nobilita la cornice, è la cornice che crea l'opera secondo un esilarante ribaltamento di senso".

Dove sta la parte negativa della mia recensione? Sta in tutti quei (...) coi quali ho omesso alcune parti della citazione perchè troppo ridondanti. Mi spiego meglio: le idee ci sono e sono ottime, ma il filo conduttore del discorso si perde nello stile troppo fiorito, troppo ripetitivo, troppo ricercato, fatto di giochi di parole e rime rimette. Sembra quando al liceo, non sapendo come riempire le pagine del tema, mi inventavo 3mila modi diversi di dire la stessa cosa, usando sinonimi su sinonimi e giri di parole.
Che all'inizio questo modo di scrivere può essere coinvolgente e divertente, ma già a pagina 16 con "ogni nostro antiquarium è un florilegio del sacrilegio legittimato" mi veniva voglia di scaraventare il libro lontano, questo modo di scrivere mi creava attacchi d'ansia..un continuo rigirare attorno al concetto..ma arriva al dunque no!!!! 
 
Non so come ho fatto ad arrivare alla fine, e anche questo libro mi è costato un paio di mesetti di lettura..ma d'altronde avevo bisogno di tempo per digerire un "per loro ovviamente il non colore dell'albedine costituiva un valore aggiunto, era un elemento fondamentale di compostezza, di grandezza, di rigore. Rigor mortis da ultime lettere di Jacopo Ortis"
 
Insomma..direi che si tratta di un'occasione sprecata per scrivere un bel libro innovativo e controcorrente.
 
 

giovedì 29 novembre 2012

CIME TEMPESTOSE - Emily Bronte

Scrivere una "recensione" su un classico della letteratura non è cosa semplice, soprattutto se, come nel mio caso, il classico in questione non ha creato grandi emozioni.
Sarò controcorrente, avrò schiere di lettrici/lettori (ma soprattutto donne suppongo) che mi diranno che non ho capito l'essenza profonda di questo romanzo..ma a me "Cime tempestose" non è proprio piaciuto. Tant'è vero che ci ho messo circa 2 mesi per arrivare alla fine. Non mi coinvolgeva e non creava in me quella dipendenza da "leggo l'ultimo capitolo anche se sono le 3 di notte perchè non posso addormentarmi così senza sapere come va avanti".

Ciò nonostante, ignorando volutamente (masochista!) il terzo diritto del lettore di Daniel Pennac, cioè il diritto di non finire il libro, ho tenuto duro e sono arrivata sino all'ultima parola. Perchè visto che tutti me ne parlavano come una storia d'amore struggente, ero convinta che prima o poi questo amore sarebbe saltato fuori. E devo dire che l'ultimo capitolo non mi è dispiaciuto, sia per i deliri di Heathcliff che per la sua dipartita (finalmente!), ma prima di arrivarci mi sono dovuta sorbire 365 pesantissime pagine. In cui più che l'amore travolgente di Heathcliff per la sua amata Catherine e la passione che "li distruggerà entrambi" (così dicono), ho trovato solo tanta crudeltà, vendetta, cattiveria. 

E per intenderci, sono una fan dell'amore autodistruttivo, dell'Eros e Tanatos di freudiana memoria..ma Cime tempestose proprio no, non mi ha detto nulla.

Per cui, alla fine dei conti, per quale motivo l'ho letto allora?
Per prima cosa ho pensato di rimediare al fatto di essere arrivata a 28 anni senza averlo ancora preso tra le mani (e così anche per molti altri classiconi che ora pian piano recupererò). Seconda cosa mi son lasciata influenzare dalla copertina dell'edizione che ho preso, "Il viandante sul mare di nebbia" di Caspar David Friedrich. Ma soprattutto è colpa di Kate Bush! Lei e la sua dannata canzone che mi ha illuso e poi perseguitato per tutta la durata di questa lettura. Forse ora me ne libererò!!

Ps. Non è vero, adoro la canzone "Wuthering Heights" anche se in questi due mesi mi partiva in testa ogni volta che vedevo anche solo la copertina del libro sul mio letto. Ma il romanzo..no no no!

https://www.youtube.com/watch?v=BW3gKKiTvjs



domenica 11 novembre 2012

PICCOLI MUSEI SENTIMENTALI - Antonio Catalano

Una domenica mattina di novembre. Fuori piove, mi siedo davanti al camino acceso, ascolto i Sigur Ros e in mano ho questi due libretti. Sono i Piccoli Musei Sentimentali di Antonio Catalano. Verrebbe da considerarli libri per bambini, pubblicati da quella meravigliosa casa editrice che è Artebambini (che io adoro). Ma in realtà no, sono libri per tutti, perchè chiunque può restare incantato dalla bellezza e dalla poesia di questi albi illustrati, basta lasciarsi emozionare. E lasciarsi condurre nella lettura di piccoli grandi eventi quotidiani che spesso, troppo spesso, sfuggono ai nostri occhi distratti e alle nostre vite sempre di corsa.

Ci vuole silenzio, concentrazione, rispetto..stiamo entrando in un museo sentimentale. 
Partiamo dal "Museo delle foglie cadute", che in una giornata autunnale come questa ci sta alla perfezione. 
Ogni pagina, ogni passo in questo luogo magico, una foglia. Ogni foglia, una storia. 
Ad ogni foglia caduta corrisponde un evento, storico, vero, inventato..queste foglie sono come piccoli pezzi di memoria. Foglie di tempi lontani e foglie vicine a noi, foglie di tutti i giorni, foglie di un giorno qualunque. Un catalogo insomma, un percorso fatto di parole e immagini, di suggestioni che Catalano coglie con lo sguardo meravigliato e sensibile dell'artista e del poeta.

E così troviamo una "foglia caduta in una notte di marzo del 1930 quando nonno Luigi sognava di mangiare la polenta". E che mistero di fronte all'ombra di "foglia caduta non si sa quando non si sa dove". E ancora la "foglia caduta fuori stagione il 13 agosto del 1961"..una foglia controcorrente :)
E tante altre foglie che attendono di essere scoperte e accolte.

C'è poi il "Museo degli alfabeti perduti" dove possiamo lasciarci stupire dall'alfabeto del buio, dall'alfabeto del pesce palla o da quello delle nuvole..

Antonio Catalano è pittore, scultore, scrittore, attore, poeta , musicista e molto altro. 
E' ideatore del grande progetti artistico "Universi sensibili", universi immaginari da esplorare, visitare, vivere.
Fateci un giro e lasciatevi stupire!
http://www.universisensibili.it/





lunedì 15 ottobre 2012

LA CASA DEI SETTE PONTI - Mauro Corona

Visto che quest'estate "La casa dei sette ponti" aveva passato un bel po' di settimane nella classifica dei libri più venduti, ho pensato di leggerlo anche io. Ora lo so, diffidare dalle top ten!
Non ho capito cosa vuole essere questo raccontino (61 pagine, una mezz'oretta di lettura).
Pensavo volesse essere una sorta di fiaba in chiave moderna, visto che la vicenda prende il via da questa casetta che sembra abbandonata ma che in realtà ha sempre due bei comignoli fumanti, una casa in pietra simile a un fortino ma con un tetto arcobaleno creato da una serie di teli colorati che vi sono posti sopra per proteggerla dalle piogge. 

Poi arriva il protagonista, un uomo sulla sessantina, industriale tessile in lotta con il dilagare della concorrenza cinese in quel di Prato, un uomo che ha perso ogni valore e senso nella propria vita. A questo punto il racconto prende una piega decisamente da favoletta morale. 

Quindi cos'è? Una fiaba? Un racconto fantastico? Un romanzo introspettivo?

Gli spunti ci sono eccome, però mi sembra che il tutto venga trattato con grande banalità e superficialità, e nel finale con molta fretta, come se l'autore non sapesse come concludere la storia. In poche parole, l'industriale affascinato dal mistero di questa casa, un giorno decide di bussare alla porta per capire chi ci vive, e come ci vive. Gli aprono due vecchietti, i quali però non lo lasciano entrare, o almeno non prima che lui abbia percorso i famosi sette ponti che "circondano" la casetta.
Allora uno si immagina chissachè, cosa saranno questi ponti e cosa avranno di tanto speciale.
Bene, questi sette ponti in realtà non esistono, l'industriale è vittima di un incidente d'auto, resta in coma qualche settimana, e nel delirio della convalescenza ha queste "visioni" dei sette ponti, e ogni ponte che attraversa va a costituire un tassello di una storia, una storia che non è altro che la sua stessa storia personale, e si scopre così (io l'avevo capito già dopo poche pagine, per dirvi che originalità di trama) che i due vecchietti sono i genitori adottivi dell'industriale, il quale li aveva abbandonati ingratamente quando scoprì di essere stato adottato.
E allora si risveglia dal coma e torna "come il figliol prodigo" (parole testuali del racconto) dai suoi genitori.

In poche parole un esame di coscienza. Dopo la lezione di catechismo del "Ritorno del giovane principe", ecco un'altra storiella da cresimandi. Veramente deludente.


domenica 7 ottobre 2012

IL RITORNO DEL GIOVANE PRINCIPE - A. G. Roemmers

Avendo profondamente amato (e amando tutt'ora) "Il piccolo principe", il famosissimo romanzo di Saint Exupéry, la notizia di una sua specie di "continuazione spirituale" da parte di un autore argentino, mi aveva veramente incuriosito, ed ero molto ansiosa di rincontrare il piccolo principe e farmi nuovamente avvolgere e cullare dalla sua purezza e semplicità.
Mi ricordavo gli splendidi racconti del suo viaggio attraverso i vari pianeti prima di arrivare sulla terra, dal pianeta con il re che comandava solo su se stesso, al pianeta del lapionaio dove i giorni duravano 1solo minuto e il poveretto era costretto a questo lavoro incessante e straniante, al pianeta dell'uomo d'affari che contava le stelle e chiudeva i suoi conteggi in un cassetto, credendo così di possederle. Tutte metafore profondissime dell'esistenza umana.
E poi la sua rosa, che lui aveva "abbandonato" sul suo pianeta, e dalla quale alla fine ritornava per proteggerla, e l'incontro con la volpe che gli rivela il grande segreto della vita: "non si vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".

Bene, con tutte queste emozioni e aspettative, mi sono immersa nella lettura di questo nuovo romanzo, dove il piccolo principe è cresciuto, è ora un adolescente, ma, secondo quanto scritto sulla copertina, ha mantenuto "la stessa purezza di cuore di quando era piccolo".

Non so nemmeno come descrivere la mia profonda delusione. 
Tant'è che mi è costato molto tempo e fatica finire di leggere questo libretto di un centinaio di pagine. A mio avviso, una pura speculazione commerciale. Dei racconti del piccolo principe neanche l'ombra, niente poesia, niente metafore, una scrittura superficiale, nulla a che vedere con la profondità e semplicità di Saint Exupéry. Una serie di morali spicciole attraverso le quali l'autore filosofeggia e fa una sorta di lezioncina di catechismo!

Sono rimasta scioccata da alcuni passaggi, come "tramite la meditazione, possiamo arrivare a comprendere che possediamo un'anima immortale e intuire l'amore del Creatore. Dopo aver letto il Vangelo, alcuni sentono che Gesù amava tutti gli uomini con perfezione assoluta....". Cioè, ho anche pensato che nella mia copia fossero state inserite delle pagine di un altro libro, come in "Se una notte d'inverno un viaggiatore". E invece no..la questione catechesi si chiarische anche nei ringraziamenti.
"Questo libro è dedicato a Gesù Cristo la luce che illumina la mia strada".

Mi chiedo come gli eredi di Saint Exupéry abbiamo acconsentito a far pubblicare uno scempio del genere, che non conserva nessuna traccia del dolce fanciullo che aveva incantato milioni di persone, nemmeno nei disegni, che nel "Piccolo principe" erano degli schizzi poetici e magnetici, in questo libro/saggio di Roemmers sono a dir poco orrendi e inadeguati! Una cosa che da laureata in storia dell'arte non posso concepire!





venerdì 5 ottobre 2012

LA MOGLIE DELL'UOMO CHE VIAGGIAVA NEL TEMPO - Audrey Niffenegger

Quando un amico mi consigliò di leggere questo libro, non lo ascoltai nemmeno. Il titolo mi dava l'idea di una storia fantascientifica, e non è il mio genere di cose, quindi niente.
Quando poi un altro amico disse che se questo romanzo fosse una canzone, allora sarebbe "Heart Shaped Box" dei Nirvana, devo dire ne rimasi incuriosita. E così è finito nella pila di libri sul comò che sto leggendo in questo periodo.
Ora scrivo questo mio consiglio di lettura ascoltando uno splendido live dei Cure (nello specifico ora "From the edge of the deep green sea" ) e penso a quanto mi abbia veramente coinvolto questo libro, e a come vorrei che l'amore della mia vita fosse come quello descritto dalla Niffenegger. (Questa affermazione suona molto alla "Danielle Steel" ma giuro che i due generi non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro!!!).

Comunque si, è questo l'amore che da inguaribile romantica spero di incontrare, ma preferibilmente senza cronoalterazioni genetiche!
Eh già, perchè il marito della "moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo", cioè il protagonista Henry, come è facilmente intuibile dal titolo, viaggia nel tempo. Ma non con una macchina del tempo e non va dove gli pare e piace, contro la sua volontà si trova da un momento all'altro catapultato nel passato o nel futuro, e ogni volta, visto che il viaggio nel tempo non gli consente di portare con sè oggetti materiali, si ritrova nudo. Il che gli crea non pochi problemi, come quando lo sorprendono, molto spesso, di ritorno da un viaggio nel tempo, girare nudo nelle sale della biblioteca dove lavora; o ancora quando incontra per la prima volta quella che diventerà sua moglie, Clare. Che al momento del loro primo incontro aveva 6 anni..insomma, non proprio piacevole. 

Quando Henry e Clare si incontrano per la prima volta nel tempo "reale", non nei viaggi temporali di lui, lei ha 20 anni e lui 28. Lei lo conosce da quando appunto aveva 6 anni, lui invece non l'ha mai vista..e com'è possibile vi chiederete? Semplice, perchè quando Henry viaggiò nel tempo e incontrò Clare bambina, lui aveva 36 anni. Quindi quando si incontrano nella realtà, lui ancora non aveva compiuto quel viaggio nel tempo.

E' un meccanismo un po' complicato, e ammetto che spesso sono dovuta tornare indietro a rileggermi le date degli eventi descritti, e mi sono chiesta per tutta la durata del libro come abbia fatto la Niffenegger a scrivere un romanzo così contorto senza perdersi. Ma è proprio questo il bello, questi continui sbalzi temporali che ti tengono inchiodato nella lettura. Altrimenti si che sarebbe una semplice e banale storia d'amore alla Danielle Steel. E invece è una storia profonda e straziante, da pugni nello stomaco, soprattutto nel finale, dove ammetto, qualche lacrima è scesa.

Come quando Clare, che è un'artista, crea per Henry una scultura..angosciante...
"Come un angelo. Gli voglio dare soltanto le ali. Dapprima l'ho immaginato bianco, ma adesso mi rendo conto che non lo è. Apro l'armadietto dei pigmenti e dei colori. Blu oltremare. Giallo ocra, terra d'ombra, verde di guignet, rosa cupo. No. Eccolo: ossido di ferro. Il colore del sangue secco. Un angelo tremendo non può essere bianco, altrimenti sarebbe più bianco di qualsiasi bianco io possa fare."




giovedì 20 settembre 2012

Libri in attesa...

Non sono scomparsa! E nemmeno ho deciso di abbandonare già questo mio progetto (come spesso in realtà mi accade)..
Voglio rassicurarvi, sul mio comò ci sono un sacco di libri che bramano di essere letti..e li accontenterò tutti!
Alcuni sono già in fase di lettura - si vedono spuntare i segnalibri :) - altri dovranno pazientare un pochino.

Ci sono libri che mi sono stati consigliati da un'amica di fronte a un bel bicchiere di sangria..
Libri con un risvolto musicale enigmatico..
Libri che fanno capolino da sempre nella mia libreria..
Libri che in questo preciso momento mi incuriosiscono, e dai quali spero di vederci un po' più chiaro..
Libri che mi son detta era vergognoso non aver ancora letto..
Libri che erano in bella mostra sullo scaffale della biblioteca, e non ho potuto lasciare che qualcuno se li portasse a casa prima di me.

A far loro compagnia nell'attesa della lettura, una bella candelina e un sacchetto di marsh mallow ( accuratamente tagliati dal'inquadratura fotografica!)

Quindi a presto!!

mercoledì 29 agosto 2012

IL PROFUMO DELLE FOGLIE DI LIMONE - Clara Sanchez

Finalmente l'ho finito!
Ecco la prima cosa che ho pensato quando ho voltato l'ultima pagina di quello che è stato definito un caso letterario in Spagna e che ha pure vinto il Premio Nadal. 
Eh si, perchè di fronte a un malloppone di 360 pagine, dove dalla metà circa il ritmo rallenta, poi sembra riprendersi ma attenzione, è solo una finta, per concludersi con un finale a dir poco deludente, è veramente difficile non provare un po' di sollievo nell'averne conquistato la fine.

Certo, avrei anche potuto abbandonarlo. Il fatto è che fino all'ultimo ho aspettato/sperato che la storia si smuovesse, credevo che il finale riservasse grandi sorprese..e invece..la delusione e la banalità più assoluta.

Per prima cosa mi chiedo chi è il traduttore. Io l'ho letto in lingua originale, in spagnolo, non farò la traduttrice di mestiere, ma mi sembra che tra "Lo que esconde tu nombre" e "Il profumo delle foglie di limone" ce ne passa. Ciò che nasconde il tuo nome si adatta molto di più alla storia che viene raccontata, mentre le foglie di limone, a parte nominate qualche volta nel giardino di casa della protagonista, non so che c'entrano. Misteri.

E' carino il fatto che la trama si sviluppi dal racconto a due voci dei due protagonisti. 
Da un lato Sandra, ragazza 30enne incinta, che non sa cosa fare della sua vita e del suo pseudo fidanzato, e si rifugia in Costa Blanca per meditare. Dall'altra Julian, ottantenne sopravvissuto al campo di concentramento di Mathausen che ha passato la vita a dare la caccia a criminali nazisti. 
A far incrociare le strade dei due, una coppia di anziani, Karin e Fredrik Christensen, norvegesi, che soccorrono Sandra durante un malore in spiaggia e la accolgono nella loro casa, coccolandola e viziandola senza farle mancare nulla, come fosse la nipote che non hanno mai avuto. Tutte queste attenzioni diventeranno però un incubo per la ragazza, perchè saranno sempre più ossessive e asfissianti, finchè verrà a conosceza della verità, cioè che i due amabili nonnetti con cui ormai convive sono in realtà criminali nazisti a cui Julian sta dando la caccia.

E qui inizia la suspance, perchè Sandra diventa una sorta di infiltrata in casa del nemico, e quindi la tensione per la paura che la scoprano. A un certo punto riesce anche a trafugare delle iniezioni dall'effetto miracoloso che sembrano contenere un liquido molto sospetto. Scatta anche un bacio con un adepto di questa fratellanza (perchè i Christensen non sono soli, c'è una vera e propria comune nazista in quel paesino), un ragazzo soprannominato l'Anguilla (solo il nome!), bacio da cui sembra debba nascere un grande amore..

E poi..e poi tutto va scemando nel banale, come se l'autrice non sapesse in che modo risolvere le situazioni.
So che non dovrei svelarvi il finale, ma non ce la faccio. E' troppo assurdo. Per cui chi non vuole sapere come finisce, si fermi qui!

Le famose fialette col liquido sospetto, che facevano pensare a chissà quali esperimenti portati avanti da questi nazisti, altro non sono che dei forti complessi vitaminici..
Ma dai!!Dopo tutta l'ansia del rubare le sirighe senza farsi accorgere, del farle analizzare e poi...il Supradin in pratica!

Sandra, che i Christensen volevano far entrare nella fratellanza, alla fine non ce la fa più e scappa. Io allora pensavo che l'avrebbero inseguita e cercata, e mi ero anche immaginata che tutto il loro interessamento avesse magari un secondo fine (il bambino che portava in grembo?). E invece niente, fugge dalla finestra, e prende un pullman per Madrid, dopo che Julian (!!!) le ha recuperato borsa e vestiti, ricevendoli direttamente dalle mani di Frederik. E nessuno dei due fa nulla, il criminale nazista e il deportato nel campo di concentramento uno di fronte all'altro, si parlano tranquillamente!

Inutile dire Sandra che torna col suo ex e il grande amore per l'Anguilla viene dimenticato. Ah, per non farci mancare nulla, l'Anguilla si rivela essere un poliziotto infiltrato, e alla fine sarà l'unico a morire nel romanzo.

Già, perchè alla fine della fiera, dopo tutti i racconti di Julian, i suoi pedinamenti e le investigazioni, la sua sete di vendetta, il suo non dimenticare e non perdonare, cosa succede? L'allegro gruppetto nazista, avendo capito che li stavano per beccare, se la svigna. Julian si ritira in una residenza per anziani. E chi ci trova in questa residenza? Due di questi nazisti a cui aveva dato la caccia per anni. E cosa fa??? NULLA!!
Non li denuncia nemmeno alla Polizia! Se ne sta lì giorno dopo giorno, a passare gli ultimi momenti della sua vita a vedere come invecchiano e impazziscono questi due. E non fa nulla!Non li fa processare, non li uccide, non li prende a bastonate, non gli dice nemmeno nulla. Io non ci volevo credere!

Finale deludente e che più banale non si può!
Una storia inconcludente!



domenica 19 agosto 2012

TRE VOLTE ALL'ALBA - Alessandro Baricco

Bè, Baricco è Baricco. 
Nel senso che ha un modo di scrivere inconfondibile, uno stile che ti cattura e ti trascina nel vortice e nello scorrere delle pagine. E questo vale anche per "Tre volte all'alba", un libro breve che leggi tutto d'un fiato, intrappolato in una prosa irresistibile. Ciò che ti cattura è l'inseguirsi e incastrarsi perfetto delle parole. I dialoghi che ti avvolgono passando in maniera virtuosissima dalla forma indiretta a quella diretta, e ti fanno anche impazzire perchè non sono virgolettati e ti capita di perdere il conto di chi stia parlando. Le parole, le frasi, le descrizioni, gli attimi scivolano via veloci uno dopo l'altro finchè arrivi a pagina 94, la fine, e ti chiedi: "cos'è successo?". Devi tornare indietro e rileggerlo con calma per riuscire a delinare la storia, anzi le storie.

Storie che raccontano poco dal punto di vista dell'azione, ma molto da quello dell'introspezione. Vicende che restano incompiute, tre accenni inconclusi che ti lasciano con una voglia tremenda (e che resterà insoddisfatta) di sapere come andrà a finire.

Sullo sfondo di queste tre storie c'è sempre un albergo, un albergo non di lusso, ma uno piuttosto squallido. E c'è sempre l'alba, un momento che non è più notte ma non è ancora giorno, non è più buio ma non è ancora luce...il momento delle possibilità. E' l'alba a fare da cornice a queste vite che si intrecciano casualmente nella hall di questo albergo. In ogni storia ci sono due sconosciuti che si incontrano e che pian piano si raccontano e si svelano. Sono tutti personaggi con un passato pesante alle spalle, dal portiere di albergo con un'esperienza in carcere, al bambino che ha visto morire i genitori in un incendio, alla poliziotta convinta di non aver concluso nulla nella vita, e tutti in quest'alba cercano un riscatto, un nuovo inizio.

Lette così, di fretta e sovrapensiero, queste tre storie sembrano essere una indipendente e slegata dall'altra, sembrano non aver nulla in comune e quasi viene da chiedersi perchè le abbia riunite insieme. E invece prestando più attenzione ci si accorge che un filo rosso che le unisce c'è. Sono i personaggi stessi, che ritroviamo dall'una all'altra. Con sbalzi temporali impossibili nella realtà, pian piano capiamo che i personaggi sono gli stessi che incontriamo in ogni storia nei vari momenti della loro vita; così la donna che nel primo racconto collabora con la polizia per catturare un uomo ricercato, nel secondo torna indietro a quando era incinta poco più che diciassettenne, per concludersi nel terzo racconto con gli ultimi giorni della sua carriera da poliziotta prima del pensionamento. E la stessa cosa vale per il personaggio maschile. 

Come dice lo stesso Baricco "Si incontreranno per tre volte, ma ogni volta sarà l'unica, e la prima, e l'ultima" che sinceramente è una frase talmente lirica da essere incomprensibile!

In ogni caso, vale assolutamente la pena leggerlo anche solo per questa superba descrizione di cosa significhi essere pazzo di qualcuno (e voglio vedere se non diventate pazzi anche voi a seguire il dialogo!!)
"Ha idea di cosa significhi essere pazzo di qualcuno?
Temo di no.
Ecco.
Provi a spiegarmi.
Scherza?
Ci provi, mi dica anche una cosa soltanto.
Perchè?
Non ho altro da fare. Devo aspettare che le scarpe si asciughino.
Questa è una buona risposta. Cos'è che vuole sapere esattamente?
Cosa vuol dire essere pazzo di qualcuno.
Non lo sa.
No.
Alla donna venne soltanto in mente che capisci tutti i film d'amore, li capisci veramente. Ma anche quella non era facile da spiegare. E suonava un po' idiota. Senza volerlo le tornarono in mente tante scene che aveva vissuto al fianco dell'uomo che amava, o lontano da lui, che poi era la stessa cosa, lo era da un sacco di tempo. Di solito cercava di non pensarci. Ma lì le tornarono in mente e in particolare si ricordò di una delle ultime volte in cui si erano lasciati e di quello che aveva capito in quell'istante - era seduta al tavolino di un caffè, e lui se n'era appena andato. Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un'ombra, per lei, un'ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio. Si chiese se poteva andare come spiegazione di cosa significhi essere pazzo di qualcuno, ma alzando lo sguardo verso l'uomo......"


lunedì 13 agosto 2012

DAL PARTENONE AL PANETTONE - Francesco Bonami

Non ho saputo resistere a un titolo così accattivante. 
"Dal Partenone al panettone - incontri inaspettati nella storia dell'arte". Ero proprio curiosa di scoprire con quale stratagemma Bonami mi avrebbe condotta dal grande tempio greco al tipico dolce natalizio milanese.
Bene, per prima cosa vi devo svelare (anche se non è bello raccontare il finale, ma dovete saperlo!) che il panettone a cui si riferisce non è in realtà il dolce, ma un Igloo di Mario Merz che bèh, alla fine dei conti, la forma da panettone ce l'ha proprio.

Non vi spaventate, non è un pesante e noioso manuale di storia dell'arte a cui solo gli amanti/addetti ai lavori come me possono sopravvivere. Anzi, non è per niente un manuale d'arte, direi che è più un album fotografico, una sorta di atlante, la mappa per immagini di questo immenso viaggio che ci catapulta avanti e indietro nel tempo e nell'arte e che ci fa balzare dalle statue greche alle installazioni di Cattelan. 

La maggior parte dello spazio è dedicata appunto alle immagini delle opere che vengono accostate in maniera inaspettata, creando cortocircuiti e momenti spiazzanti, ma dove con poche righe Bonami mette in risalto il sottile filo che lega tra loro queste opere così lontane temporalmente ma così vicine intuitivamente.
Non ci sono date, non ci sono descrizioni, non ci sono correnti artistiche. 
Ci sono solo emozioni. 
Bonami, che ci tiene a sottolineare di non essere uno storico dell'arte, non ci vuole impartire una lezione, ma vuole darci una scossa affinchè ognuno di noi possa esprimere le proprie sensazioni di fronte all'arte, affinchè nella nostra mente scatti quel cortocircuito di cui sopra che ci permetta di scoprire l'arte "attraverso l'intuizione, l'immaginazione e l'espressione"

E così si parte in questa carrellata di circa 260 immagini dove ci capita di vedere accostati Mapplethorpe a Donatello (ma fin qua nulla di che, vi avevo già parlato anche io nel mio primo post della passione e dello studio della statuaria rinascimentale da parte di Mapplethorpe). 
Ma si prosegue poi con il Cristo Morto di Mantegna accoppiato a una fotografia della morte di Che Guevara, La zattera della Medusa di Gericault a un barcone di clandestini, L'urlo di Munch a Psycho di Hitchcock, passando per l'accostamento che più mi ha colpito, quello tra la bellissima Nike di Samotracia e Hiropon di Murakami. Che poi a parlarmi della Nike mi viene in mente il mitico prof. Barilli al DAMS con la sua teoria dello "stop and go" e della flagranza e fragranza della scultura ellenistica.

Tornando a noi, lascio spazio alle parole di Bonami:
"La piccola divinità super maggiorata del giapponese Murakami. Le ali della sua "Nike" si sono trasformati nel latte che fuoriesce da due mammelle giganti, ma anche in due codini di capelli rosa chewing-gum. Se la Nike greca ha sembianze umane, nonostante le ali, la giovane ragazza popputa è assolutamente artificiale, anche se non ha nulla fuori posto. Gli antichi trasformavano in umani le divinità, oggi sono gli umani che sognano di essere divini. Ma non dimentichiamo che la Nike come ci appare adesso dove la pietra ha una sua patina romantica, originalmente era dipinta con colori non meno vivaci della scultura di Murakami. Se vedessimo una Nike colorata probabilmente la troveremmo di cattivo gusto. Chissà se fra migliaia di anni qualcuno ritrovasse la giovane dell'artista giapponese ricoperta di alghe e incrostazioni senza più colore non la troverebbe affascinante e misteriosa come oggi troviamo la Nike".







lunedì 6 agosto 2012

NESSUNO SI SALVA DA SOLO - Margaret Mazzantini

Questo libro mi stava puntando da un po'..stava lì in bella mostra sullo scaffale delle novità della biblioteca, e nessuno lo prendeva. Io con la coda dell'occhio vedevo che mi puntava, continuava a fissarmi con quella sua bellissima copertiva, non mi toglieva lo sguardo di dosso. Alla fine ho dovuto cedere..dopo qualche ora l'ho preso e me lo sono portato a casa.

Ora, il primo consiglio che vi dò è di leggerlo nel momento giusto. Cioè, la cosa sembra scontata, ogni libro va letto al momento giusto, e probabilmente se non è il suo momento non vi attirerebbe nemmeno. Ma con questo libro davvero dovete scegliere attentamente. Non leggetelo se ad esempio siete in crisi col partner, o se già siete in un periodo di depressione e pessimismo universale. Non leggetelo nemmeno se siete ancora in quella fase della vita in cui siete convinti che l'amore duri per sempre. Potrebbe crearvi un trauma emotivo.

No, leggetelo quando siete ormai piuttosto disillusi, o semplicemente realistici, e sapete per conto vostro che l'amore non è eterno. Perchè la Mazzantini ci racconta la storia di una coppia contemporanea a noi, di una coppia come noi, che potremmo essere noi. Penso che chiunque leggendolo ritrovi anche solo una piccola parte di sè. Chi più chi meno ha vissuto queste esperienze, ha pensato gli stessi pensieri dei protagonisti, è arrivato al punto di non riuscire più a tollerare ciò che qualche tempo prima adorava nella persona che gli stava accanto, che prima era la sua metà ed ora è solo uno come tanti.

E' un libro tosto, un libro pesante, un libro crudo e ruvido che scava nel vissuto profondo di ognuno di noi, ed effettivamente già dal titolo lo si poteva capire.."Nessuno si salva da solo"..bam, un pugno dritto nello stomaco.

In 189 pagine ci narra si e no 2 ore della vita di questa coppia, una cena (andata male) in un ristorante per cercare di risolvere alcune questioni in sospeso, ma in realtà la mente dei due protagonisti vaga, va indietro, cercando di interrogarsi su come siano arrivati a quel punto (Le persone dovrebbero lasciarsi prima di arrivare a quel punto. Dove sono arrivati loro. Perché poi ti resta addosso troppo male), mesi, anni di disfacimento e logoramento emotivo. Non vuole darci nè una soluzione nè un giudizio, semplicemente la trascrizione nuda e cruda della loro fine.
 
Ha però un risvolto positivo questo libro secondo me. E' in un certo senso catartico. 
Lo leggi e pensi che sono cose normali, che succedono a tutti, anche a quelle coppie che le vedi e pensi che siano perfette. Lo leggi e capisci che non sei tu ad essere sbagliato, è che semplicemente sei umano. 
E alla fine ti senti liberato.



martedì 31 luglio 2012

COSA TI CADE DAGLI OCCHI - Gabriele Picco

Partiamo dall'autore: artista visivo bresciano, colui che realizzò quella bellissima Bianchina con nuvola alla Fantozzi incorporata che è stata esposta alla GAMeC (Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea) di Bergamo fino a qualche mese fa per la mostra "Il bel paese dell'arte".
Ebbene, non è solo artista, ma anche scrittore. Il suo primo libro si intitola "Aureole in cerca di santi", bellissimo nome e bellissima copertina, storia carina e piacevole, stile molto alla Fabio Volo, con un finale a sorpresa che non mi sarei mai aspettata. Insomma, un libro scorrevole ma come tanti altri.

E poi mi trovo tra le mani questo "Cosa ti cade dagli occhi"..copertina stupenda anche in questo caso (è un'opera dello stesso Picco, ma attenzione, la fotografia potrebbe trarre in inganno, non è un dipinto, è una scultura!!). Inizio a leggerlo e già dalle prime pagine mi accorgo che qualcosa è cambiato..è proprio un altro mondo, un altro modo di scrivere, la storia narrata è più intensa e profonda. Ci sono ansie, paure sepolte da indagare, manie e compulsioni, è un viaggio negli abissi della vita reale, o meglio, nella parte nascosta della vita di ognuno di noi.

Mi viene spontaneo domandarmi cosa sia successo tra il primo e il secondo libro. Bene, la spiegazione è semplice: il nostro Gabriele Picco ha vissuto a New York per un certo periodo per studiare cinema. E ci credo che lo stile è leggermente cambiato!

Il protagonista è Ennio, un ragazzo italiano emigrato in America (eccolo!) che ha una vera e propria passione per le lacrime: ogni volta che ne vede una DEVE fotografarla, anche a rischio della sua stessa incolumità (vai tu a vedere le reazione della gente in lacrime che si trova davanti uno sconosciuto che le fotografa!!). Lui però non piange mai, dai suoi occhi non cade mai nulla. Un giorno Ennio ritrova un quadernetto, la bibbia personale di una ragazza giapponese di nome Kazuko, un taccuino fitto di disegni realizzati con pochi tratti ma con molta fantasia. In quei disegni Ennio vede la città di New York in volo sopra una foglia, oppure un pesce che nuota dentro una lacrima. Questo piccolo ritrovamento cambierà il corso della sua vita (un po' come Amelié quando ritrova la scatola di tesori di Dominique Bretodeau :) )

Fantastici sono i personaggi che ruotano attorno al protagonista; dal giovane Arwin che sta realizzando un documentario e gira, giorno e notte, con una telecamera infilata nei capelli riprendendo tutto ciò che gli succede, al datore di lavoro di Ennio, tale Gianny Pastanella (mi raccomando con la Y!!!), a Josh che ha perso la moglie nel crollo delle torri gemelle e ora, ogni giorno e a tutte le ore, passa l'aspirapolvere e ne raccoglie il contenuto in piccoli vasetti di vetro catalogati e datati..perchè questo è tutto ciò che gli resta della moglie, un mucchietto di polvere. 

E poi c'è la stanza del cubo giallo...



sabato 28 luglio 2012

JUST KIDS - Patti Smith

La prima "impressione di lettura" doveva essere qualcosa di speciale, qualcosa di grande..bè, direi che con Just Kids, è una partenza proprio col botto! 

Prima però devo ammettere che questo libro ha vagato per qualche mese sul mio comò, e alla fine stavo quasi per riportarlo in biblioteca senza averlo nemmeno sfogliato. E invece poi mi ha (lo ha) salvato un viaggio a Pisa a trovare un'amica..per affrontare il lungo viaggio in treno, ho deciso di portare con me proprio lui e dargli una possibilità. Mai scelta fu più azzeccata!
Basta leggerne anche solo qualche pagina e ti trovi immersa nel turbine della vita della poetessa del rock, e non riesci più ad uscirne finchè non vedi la parola fine dopo circa 200 pagine.

Ma..di cosa parla?
Just kids è l'autobiografia di Patti Smith in cui la poetessa ci racconta la sua vita prima del successo, ma soprattutto la sua vita dopo aver incontrato Robert Mapplethorpe, il ragazzo con gli occhi verdi e i capelli a boccoli che sarebbe diventato un grande fotografo.
Ora, ammetto che non conosco molto l'opera di Patti Smith (ognuno ha le sue lacune), per cui il motivo principale per cui ho preso in mano questo libro è stato proprio lui, Mapplethorpe. Spero che voi siate meno lacunosi di me e conosciate, anche solo per sentito dire, la sua arte. Bene, io l'ho apprezzato e adorato da subito, da quando ne sentii parlare per la prima volta nel corso di "Storia della fotografia" del professor Marra, anno accademico 2003/04, al DAMS di Bologna. Al di là dei soggetti da lui ritratti (che a un esame molto superficiale qualcuno potrebbe (anzi ha) definito quasi pornografici), le sue fotografie esprimono un forte rigore geometrico e anatomico, sembrano quasi delle sculture rinascimentali (non a caso una delle fonti di ispirazione di Mapplethorpe è l'opera scultorea di Michelangelo), e soprattutto sono incentrate sulla ricerca sulla luce e sui chiari scuri. Le ombre delle sue fotografie sono la cosa più nera in assoluto che io abbia mai visto.

Però, dato che non è il caso di fare la parte della critica d'arte, proseguiamo parlando del nostro libro. Bene, ci racconta appunto la vita di questi due giovani artisti squattrinati alla conquista di New York prima che il successo li raggiungesse, due giovani che hanno trovato l'uno nell'altra la propria musa ispiratrice, due anime affini che sono sempre state presenti incoraggiandosi a vicenda..e tutt'attorno la scena artistica della NY a cavallo tra gli anni 60 e 70, Andy Warhol e la sua factory, Janis Joplin, il Chelsea Hotel e gli artistoidi che ci vivevano, i locali underground e l'aids.
Non solo una biografia, ma un omaggio al grande fotografo scritto da colei che ne è stata amica, compagna, amante, musa, famiglia...

E stupenda la copertina, con una foto che li ritrae insieme in occasione di un loro anniversario, Robert con gli occhi furbetti e il suo caratteristico sorriso sghembo, Patti, stranamente vestita di bianco, con gli occhi profondi che parlano da soli e ci raccontano del loro grande legame.

Dopo questo libro, ho iniziato ad ascoltare Patti Smith :)


giovedì 26 luglio 2012

Invece delle civette io, sul comò, ho i libri!

Invece delle civette io, sul comò, ho i libri! E per fortuna!
Quelle civette mi hanno sempre messo un po' di inquietudine, sin da quando ero bambina. E poi bè, non sarò la figlia del dottore, ma nipote si! Per cui non vorrei si mettessero in testa strane idee :)

Sciocchezze a parte, chi sono?

Eccomi qua, Michela, neobibliotecaria con la passione per l'arte, la musica rock, i Peanuts e ovviamente i libri. Visto che passo buona parte delle mie giornate immersa tra i romanzi, saggi, volumi, ecc.., ho deciso (e ne ho sentito il bisogno) di creare un bloggettino dove esprimere le mie impressioni sulle mie letture. 

In biblioteca mi trovo per lo più a parlare dei best seller del momento (i vari Danielle Steel, John Grisham, Camilleri, Vitali..), qui invece voglio dare sfogo alle mie sensazioni, commentando i libri che leggo prima di andare a dormire (e che tengo appunto sul como-dino). Libri forse un po' particolari e strani, ma spero che qualcuno possa apprezzare i miei consigli e leggerli a sua volta. 

Ovviamente le mie non vogliono essere delle recensioni, ma solo la libera espressione di ciò che il tal libro ha suscitato in me, come se ne stessi parlando con un amico.

Per cui, pronti via, sotto col primo libro!