lunedì 15 ottobre 2012

LA CASA DEI SETTE PONTI - Mauro Corona

Visto che quest'estate "La casa dei sette ponti" aveva passato un bel po' di settimane nella classifica dei libri più venduti, ho pensato di leggerlo anche io. Ora lo so, diffidare dalle top ten!
Non ho capito cosa vuole essere questo raccontino (61 pagine, una mezz'oretta di lettura).
Pensavo volesse essere una sorta di fiaba in chiave moderna, visto che la vicenda prende il via da questa casetta che sembra abbandonata ma che in realtà ha sempre due bei comignoli fumanti, una casa in pietra simile a un fortino ma con un tetto arcobaleno creato da una serie di teli colorati che vi sono posti sopra per proteggerla dalle piogge. 

Poi arriva il protagonista, un uomo sulla sessantina, industriale tessile in lotta con il dilagare della concorrenza cinese in quel di Prato, un uomo che ha perso ogni valore e senso nella propria vita. A questo punto il racconto prende una piega decisamente da favoletta morale. 

Quindi cos'è? Una fiaba? Un racconto fantastico? Un romanzo introspettivo?

Gli spunti ci sono eccome, però mi sembra che il tutto venga trattato con grande banalità e superficialità, e nel finale con molta fretta, come se l'autore non sapesse come concludere la storia. In poche parole, l'industriale affascinato dal mistero di questa casa, un giorno decide di bussare alla porta per capire chi ci vive, e come ci vive. Gli aprono due vecchietti, i quali però non lo lasciano entrare, o almeno non prima che lui abbia percorso i famosi sette ponti che "circondano" la casetta.
Allora uno si immagina chissachè, cosa saranno questi ponti e cosa avranno di tanto speciale.
Bene, questi sette ponti in realtà non esistono, l'industriale è vittima di un incidente d'auto, resta in coma qualche settimana, e nel delirio della convalescenza ha queste "visioni" dei sette ponti, e ogni ponte che attraversa va a costituire un tassello di una storia, una storia che non è altro che la sua stessa storia personale, e si scopre così (io l'avevo capito già dopo poche pagine, per dirvi che originalità di trama) che i due vecchietti sono i genitori adottivi dell'industriale, il quale li aveva abbandonati ingratamente quando scoprì di essere stato adottato.
E allora si risveglia dal coma e torna "come il figliol prodigo" (parole testuali del racconto) dai suoi genitori.

In poche parole un esame di coscienza. Dopo la lezione di catechismo del "Ritorno del giovane principe", ecco un'altra storiella da cresimandi. Veramente deludente.


domenica 7 ottobre 2012

IL RITORNO DEL GIOVANE PRINCIPE - A. G. Roemmers

Avendo profondamente amato (e amando tutt'ora) "Il piccolo principe", il famosissimo romanzo di Saint Exupéry, la notizia di una sua specie di "continuazione spirituale" da parte di un autore argentino, mi aveva veramente incuriosito, ed ero molto ansiosa di rincontrare il piccolo principe e farmi nuovamente avvolgere e cullare dalla sua purezza e semplicità.
Mi ricordavo gli splendidi racconti del suo viaggio attraverso i vari pianeti prima di arrivare sulla terra, dal pianeta con il re che comandava solo su se stesso, al pianeta del lapionaio dove i giorni duravano 1solo minuto e il poveretto era costretto a questo lavoro incessante e straniante, al pianeta dell'uomo d'affari che contava le stelle e chiudeva i suoi conteggi in un cassetto, credendo così di possederle. Tutte metafore profondissime dell'esistenza umana.
E poi la sua rosa, che lui aveva "abbandonato" sul suo pianeta, e dalla quale alla fine ritornava per proteggerla, e l'incontro con la volpe che gli rivela il grande segreto della vita: "non si vede bene che con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".

Bene, con tutte queste emozioni e aspettative, mi sono immersa nella lettura di questo nuovo romanzo, dove il piccolo principe è cresciuto, è ora un adolescente, ma, secondo quanto scritto sulla copertina, ha mantenuto "la stessa purezza di cuore di quando era piccolo".

Non so nemmeno come descrivere la mia profonda delusione. 
Tant'è che mi è costato molto tempo e fatica finire di leggere questo libretto di un centinaio di pagine. A mio avviso, una pura speculazione commerciale. Dei racconti del piccolo principe neanche l'ombra, niente poesia, niente metafore, una scrittura superficiale, nulla a che vedere con la profondità e semplicità di Saint Exupéry. Una serie di morali spicciole attraverso le quali l'autore filosofeggia e fa una sorta di lezioncina di catechismo!

Sono rimasta scioccata da alcuni passaggi, come "tramite la meditazione, possiamo arrivare a comprendere che possediamo un'anima immortale e intuire l'amore del Creatore. Dopo aver letto il Vangelo, alcuni sentono che Gesù amava tutti gli uomini con perfezione assoluta....". Cioè, ho anche pensato che nella mia copia fossero state inserite delle pagine di un altro libro, come in "Se una notte d'inverno un viaggiatore". E invece no..la questione catechesi si chiarische anche nei ringraziamenti.
"Questo libro è dedicato a Gesù Cristo la luce che illumina la mia strada".

Mi chiedo come gli eredi di Saint Exupéry abbiamo acconsentito a far pubblicare uno scempio del genere, che non conserva nessuna traccia del dolce fanciullo che aveva incantato milioni di persone, nemmeno nei disegni, che nel "Piccolo principe" erano degli schizzi poetici e magnetici, in questo libro/saggio di Roemmers sono a dir poco orrendi e inadeguati! Una cosa che da laureata in storia dell'arte non posso concepire!





venerdì 5 ottobre 2012

LA MOGLIE DELL'UOMO CHE VIAGGIAVA NEL TEMPO - Audrey Niffenegger

Quando un amico mi consigliò di leggere questo libro, non lo ascoltai nemmeno. Il titolo mi dava l'idea di una storia fantascientifica, e non è il mio genere di cose, quindi niente.
Quando poi un altro amico disse che se questo romanzo fosse una canzone, allora sarebbe "Heart Shaped Box" dei Nirvana, devo dire ne rimasi incuriosita. E così è finito nella pila di libri sul comò che sto leggendo in questo periodo.
Ora scrivo questo mio consiglio di lettura ascoltando uno splendido live dei Cure (nello specifico ora "From the edge of the deep green sea" ) e penso a quanto mi abbia veramente coinvolto questo libro, e a come vorrei che l'amore della mia vita fosse come quello descritto dalla Niffenegger. (Questa affermazione suona molto alla "Danielle Steel" ma giuro che i due generi non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro!!!).

Comunque si, è questo l'amore che da inguaribile romantica spero di incontrare, ma preferibilmente senza cronoalterazioni genetiche!
Eh già, perchè il marito della "moglie dell'uomo che viaggiava nel tempo", cioè il protagonista Henry, come è facilmente intuibile dal titolo, viaggia nel tempo. Ma non con una macchina del tempo e non va dove gli pare e piace, contro la sua volontà si trova da un momento all'altro catapultato nel passato o nel futuro, e ogni volta, visto che il viaggio nel tempo non gli consente di portare con sè oggetti materiali, si ritrova nudo. Il che gli crea non pochi problemi, come quando lo sorprendono, molto spesso, di ritorno da un viaggio nel tempo, girare nudo nelle sale della biblioteca dove lavora; o ancora quando incontra per la prima volta quella che diventerà sua moglie, Clare. Che al momento del loro primo incontro aveva 6 anni..insomma, non proprio piacevole. 

Quando Henry e Clare si incontrano per la prima volta nel tempo "reale", non nei viaggi temporali di lui, lei ha 20 anni e lui 28. Lei lo conosce da quando appunto aveva 6 anni, lui invece non l'ha mai vista..e com'è possibile vi chiederete? Semplice, perchè quando Henry viaggiò nel tempo e incontrò Clare bambina, lui aveva 36 anni. Quindi quando si incontrano nella realtà, lui ancora non aveva compiuto quel viaggio nel tempo.

E' un meccanismo un po' complicato, e ammetto che spesso sono dovuta tornare indietro a rileggermi le date degli eventi descritti, e mi sono chiesta per tutta la durata del libro come abbia fatto la Niffenegger a scrivere un romanzo così contorto senza perdersi. Ma è proprio questo il bello, questi continui sbalzi temporali che ti tengono inchiodato nella lettura. Altrimenti si che sarebbe una semplice e banale storia d'amore alla Danielle Steel. E invece è una storia profonda e straziante, da pugni nello stomaco, soprattutto nel finale, dove ammetto, qualche lacrima è scesa.

Come quando Clare, che è un'artista, crea per Henry una scultura..angosciante...
"Come un angelo. Gli voglio dare soltanto le ali. Dapprima l'ho immaginato bianco, ma adesso mi rendo conto che non lo è. Apro l'armadietto dei pigmenti e dei colori. Blu oltremare. Giallo ocra, terra d'ombra, verde di guignet, rosa cupo. No. Eccolo: ossido di ferro. Il colore del sangue secco. Un angelo tremendo non può essere bianco, altrimenti sarebbe più bianco di qualsiasi bianco io possa fare."