sabato 22 dicembre 2012

CHE LA FESTA COMINCI - Niccolò Ammaniti

Tra ottobre e dicembre, come tutti gli anni, le biblioteche del Sistema Bibliotecario della Provincia di Bergamo, hanno organizzato e promosso il Festival dei Narratori Italiani Presente Prossimo. Ospiti quest'anno Andrea Bajani, Massimo Carlotto, Barbara Garlaschelli, Piersandro Pallavicini, Patrizia Cavalli e Niccolò Ammaniti. Bene, avendo allestito nella mia piccola biblioteca un angolo dedicato ai romanzi di questi autori, pure io mi sono lasciata coinvolgere e mi sono buttata nella lettura. 
Ho iniziato da "Che la festa cominci" di Ammaniti, catturata dallo sguardo dell'ippopotamo bluastro in copertina..prossima lettura della serie "Alla fine di un giorno noioso" di Carlotto.

Comunque..che la festa (e la recensione!)cominci!
Il libro parte bene, in maniera leggera e in un certo senso anche divertente.
Da un lato ci racconta la storia di Mantos, capo di una setta satanica romana piuttosto "sfigata", composta da solo 4 componenti (dai nomi fantastici: Murder, Zombie e Silvietta), che ancora non hanno compiuto nè sacrifici  nè orge, e che cercano di organizzare qualcosa di così sconvolgente che li faccia balzare in testa alla classifica delle sette sataniche italiane. Ma i loro racconti e le scene che li riguardano sono veramente comici e surreali, come quando Mantos compra su e-bay una durlindana, fedele riproduzione della spada di Orlando, e sua moglie la intercetta. Così lui per non farsi scoprire è costretto a raccontarle che si tratta di un regalo per il suocero che starebbe benissimo sopra al caminetto della baita di famiglia!! Insomma, una setta sfigatella.

Dall'altro lato c'è Fabrizio Ciba, uno scrittore che ha pubblicato un romanzo di grande successo, una sorta di best seller, ma che ora è in crisi e non riesce più a scrivere da anni. Ma tra ospitate in televisione, articoli sulle riviste di gossip, è sempre al centro della vita mondana romana. 

Bene, due storie che non potrebbero essere più distanti l'una dall'altra...eppure Ammaniti le riesce a far incrociare. Il tutto grazie ad una festa, la festa più spettacolare e colossale di tutti i tempi, organizzata a Villa Ada da Sasà Chiatti, un imprenditore mafioso arricchito. Ciba ci va perchè non può assolutamente mancare a un evento mondano del genere, pronto a farsi paparazzare in compagnia della belloccia di turno. Mantos e i suoi adepti si infiltrano come camerieri ma hanno un piano segreto: uccidere la cantante Larita e sacrificarla a Satana, ottenendo così finalmente il loro riscatto come setta.

La festa organizzata  da Chiatti mi ha ricordato molto il celebre banchetto di Trimalcione narrato da Petronio nel suo Satyricon, stessa smania di stupire, stesse esagerazioni culinarie e non. Basti pensare che Chiatti per i suoi ospiti organizza ben 3 diverse caccie (alla volpe, alla tigre e al leone), una specie di safari con rispettivo accampamento e servizio catering.
E fin qui tutto bene il libro, c'è anche una critica alla società opulenta e dozzinale in cui viviamo.

Ma tutto d'un tratto il ritmo cambia e succede un patatrac. Il romanzo diventa un racconto trash, con spargimenti di sangue e corpi fatti a pezzi. Eh si, perchè la festa si trasforma in un delirio, gli animali imbizzarriti divorano gli invitati, quelli che riescono a fuggire vivono esperienze traumatiche, e per non farci mancare nulla, dai sotterranei della villa emergono strani personaggi, atleti dell'unione sovietica che avevano partecipato alle Olimpiadi di Roma del 1960 e per sfuggire all'oppressione del regime comunista si erano rifugiati in quelle catacombe e non erano mai più usciti alla luce del giorno..Cioè, robe fantascientifiche e di un trash indescrivibile. 

Peccato, perchè l'inizio era buono, ma l'intreccio doveva risolversi in qualcosa di più sensato, non in un finale splatter che non dice e non insegna nulla, ma che lascia con l'amaro in bocca..e anche con un po' di voltastomaco!!



martedì 11 dicembre 2012

I PESCI NON CHIUDONO GLI OCCHI - Erri de Luca

Questo libro è finito sul mio comodino perchè mi aveva incuriosito il titolo..
I pesci non chiudono gli occhi..e che vuol dire?? Pensavo si trattasse di una noiosa storia di pescatori, e in effetti nelle prime pagine mi era quasi sembrato che fosse così. 
Non pensavo che dietro a questa semplice affermazione ci fosse tutto un mondo.

"Ma tu non chiudi gli occhi quando baci? I pesci non chiudono gli occhi"

Il racconto dell'estate dell'autore quand'era bambino, 10 anni, in vacanza sull'isola di Ischia con la madre. La spiaggia, il bagno al mare, i pescatori, le letture sotto l'ombrellone..tutto è descritto talmente bene che mi sembrava di essere anch'io in riva al mare, al caldo, con la sabbia tra i capelli e il vento che soffia leggero, invece di essere sul divano, con la coperta, l'albero acceso e la neve che scende fuori dalla finestra.

Potrebbe sembrare una storia un banale, il racconto di un estate al mare. 
Invece no, è una storia molto densa e profonda, è la storia di una crescita. 
"A 10 anni l'età si scrive per la prima volta con due cifre. E' un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti".
Questo "io" che si ritrova chiuso in un corpo da bambino e vorrebbe uscire da questo bozzolo, che si trova ad affrontare argomenti da "grandi" come la giustizia, le scelte da "uomo" di famiglia, e l'amore.
E' l'estate del suo primo amore, o forse no, perchè a 10 anni non si sa nemmeno cosa sia l'amore.

"Conoscevo gli adulti, tranne un verbo che loro esageravano a ingrandire: amare. Mi infastidiva l'uso. [...] Al culmine del verbo gli adulti si sposavano, oppure si ammazzavano. Era responsabilità del verbo amare il matrimonio dei miei genitori. Insieme a mia sorella eravamo un effetto, una delle bizzarre conseguenze della coniugazione. A causa di quel verbo litigavano, stavano zitti a tavola, i bocconi facevano rumore. [...] Intorno a me non lo vedevo e non lo conoscevo il verbo amare"

E poi in spiaggia c'è questa ragazzina, come lui un po' solitaria, entrambi ai giochi stupidi dei coetanei preferiscono immergersi nella lettura. E scatta un'affinità che farà guadagnare al nostro gli scherzi e l'odio degli altri ragazzini della spiaggia. Un'affinità, non l'amore, lui dell'amore non sa nulla, al verbo amare preferisce il verbo mantenere.

"E si calò sott'acqua. Mi immersi anch'io per tirarla su e lei mi prese la mano. Uscimmo a respirare, lei teneva ancora la mia mano. Mantenere, il mio verbo preferito, era successo. Come fa a saperlo? Pensai e mi risposi: lo sa e basta. Non avevo toccato niente di così liscio fino allora. Ora so neanche fino a oggi. Glielo dissi, che il suo palmo di mano era meglio del cavo di conchiglia, mentre risalivamo a riva, staccati. "Lo sai che hai detto una frase d'amore?" disse avviandosi verso l'ombrellone. Una frase d'amore? Neanche so cos'è, che le è venuto in mente? Ne sa più di me per via degli animali, ma si è sbagliata. Ho detto una frase di stupore"

Quanta poesia in quest'immagine, con quale profondità descrive un semplice gesto, il tenersi per mano qualche istante..è per questi attimi sospesi che mi ha incantato questo libro. Per la sua semplicità.

"Chiudi quei benedetti occhi di pesce"
"Ma non posso. Se tu vedessi quello che vedo io, non li potresti chiudere"
"Da dove ti spuntano questi complimenti, piccolo giovanotto?"
"Che complimenti? Dico quello che vedo"