lunedì 13 agosto 2012

DAL PARTENONE AL PANETTONE - Francesco Bonami

Non ho saputo resistere a un titolo così accattivante. 
"Dal Partenone al panettone - incontri inaspettati nella storia dell'arte". Ero proprio curiosa di scoprire con quale stratagemma Bonami mi avrebbe condotta dal grande tempio greco al tipico dolce natalizio milanese.
Bene, per prima cosa vi devo svelare (anche se non è bello raccontare il finale, ma dovete saperlo!) che il panettone a cui si riferisce non è in realtà il dolce, ma un Igloo di Mario Merz che bèh, alla fine dei conti, la forma da panettone ce l'ha proprio.

Non vi spaventate, non è un pesante e noioso manuale di storia dell'arte a cui solo gli amanti/addetti ai lavori come me possono sopravvivere. Anzi, non è per niente un manuale d'arte, direi che è più un album fotografico, una sorta di atlante, la mappa per immagini di questo immenso viaggio che ci catapulta avanti e indietro nel tempo e nell'arte e che ci fa balzare dalle statue greche alle installazioni di Cattelan. 

La maggior parte dello spazio è dedicata appunto alle immagini delle opere che vengono accostate in maniera inaspettata, creando cortocircuiti e momenti spiazzanti, ma dove con poche righe Bonami mette in risalto il sottile filo che lega tra loro queste opere così lontane temporalmente ma così vicine intuitivamente.
Non ci sono date, non ci sono descrizioni, non ci sono correnti artistiche. 
Ci sono solo emozioni. 
Bonami, che ci tiene a sottolineare di non essere uno storico dell'arte, non ci vuole impartire una lezione, ma vuole darci una scossa affinchè ognuno di noi possa esprimere le proprie sensazioni di fronte all'arte, affinchè nella nostra mente scatti quel cortocircuito di cui sopra che ci permetta di scoprire l'arte "attraverso l'intuizione, l'immaginazione e l'espressione"

E così si parte in questa carrellata di circa 260 immagini dove ci capita di vedere accostati Mapplethorpe a Donatello (ma fin qua nulla di che, vi avevo già parlato anche io nel mio primo post della passione e dello studio della statuaria rinascimentale da parte di Mapplethorpe). 
Ma si prosegue poi con il Cristo Morto di Mantegna accoppiato a una fotografia della morte di Che Guevara, La zattera della Medusa di Gericault a un barcone di clandestini, L'urlo di Munch a Psycho di Hitchcock, passando per l'accostamento che più mi ha colpito, quello tra la bellissima Nike di Samotracia e Hiropon di Murakami. Che poi a parlarmi della Nike mi viene in mente il mitico prof. Barilli al DAMS con la sua teoria dello "stop and go" e della flagranza e fragranza della scultura ellenistica.

Tornando a noi, lascio spazio alle parole di Bonami:
"La piccola divinità super maggiorata del giapponese Murakami. Le ali della sua "Nike" si sono trasformati nel latte che fuoriesce da due mammelle giganti, ma anche in due codini di capelli rosa chewing-gum. Se la Nike greca ha sembianze umane, nonostante le ali, la giovane ragazza popputa è assolutamente artificiale, anche se non ha nulla fuori posto. Gli antichi trasformavano in umani le divinità, oggi sono gli umani che sognano di essere divini. Ma non dimentichiamo che la Nike come ci appare adesso dove la pietra ha una sua patina romantica, originalmente era dipinta con colori non meno vivaci della scultura di Murakami. Se vedessimo una Nike colorata probabilmente la troveremmo di cattivo gusto. Chissà se fra migliaia di anni qualcuno ritrovasse la giovane dell'artista giapponese ricoperta di alghe e incrostazioni senza più colore non la troverebbe affascinante e misteriosa come oggi troviamo la Nike".







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